E’ una storia napoletana quella della pizzeria “Carmnella” e del suo titolare, Vincenzo Esposito, 51 anni, con la pizza e la cucina napoletana nel Dna: da un lato c’ è stata la bisnonna materna, Carmela Sorrentino –Carmnella- titolare di una delle storiche osterie napoletane fin dal 1892, dall’ altro c’ è stato il papà Salvatore, che per 50 anni è stato il pizzaiolo di un altro tempio della cucina partenopea, la Pizzeria Trianon. E’ con questo bagaglio culturale e genetico che nel 1996 Vincenzo Esposito ha aperto la propria pizzeria-trattoria, “Carmnella”, in una stradina a 15 minuti a piedi dalla Stazione Centrale di Napoli, inaugurando così la quarta generazione di ristoratori. Da allora è passato quasi un quarto di secolo e Vincenzo è riuscito ad onorare la storia di famiglia realizzando un locale che parla il linguaggio popolare, o meglio universale, della tradizione e della semplicità, che nulla ha da invidiare a pizzerie e format contemporanei.
Mentre la sala conserva le caratteristiche della trattoria napoletana con atmosfere da tavernetta calda e accogliente in cotto e legno, la carta delle pizze è pensata per valorizzare quegli alimenti che da sempre contraddistinguono la tavola partenopea. Con questo criterio nasce un menù ricchissimo, in cui troviamo pizze dedicate al pomodoro (10), alla “salsa di pummarola” (12), allo stoccafisso (3), alla salsiccia (4), alla scarola (5), alla ricotta di cestino (5). Ci sono naturalmente le pizze tradizionali, coniugate al passato e presente e in alcuni casi strizzando l’ occhio al futuro: ben sette tipi di Margherita, altrettante di “Marinara” e ben 12 pizze “creative”. Non possono poi mancare i grandi classici che accompagnano da sempre l’ esperienza napoletana in pizzeria come le frittatine di pasta e i panzarotti. Altre tentazioni provengono dalla vetrina del banco di servizio: la ciambottina di verdure, i peperoni grigliati, le verdure amare ripassate in padella con le olive. La proposta sarebbe già ampiamente soddisfacente, invece a chiudere il cerchio ci sono anche i piatti della trattoria.
Pizza “Nerano”
Scegliere non è facile perché le descrizioni delle pizze trasmettono amore per questi ingredienti e gli abbinamenti ingolosiscono le papille gustative, cosi ci orientiamo per una frittatina di pasta dalla crosticina friabilissima, quasi “soffiata” e una pizza “Nerano” ispirata al grande classico con zucchine fritte e Provolone del Monaco. Saporita, morbida, leggera: la pizza si fa mangiare tutta senza lasciare traccia di unto nel piatto e si è pronti per uno dei dolci, appositamente preparati dalla storica pasticceria “Leopoldo”. Con queste premesse, la sensazione è che la tradizione non sia affatto un limite, ma ha ancora tanto da raccontare, soprattutto quando trova il giusto binario. E quel binario Vincenzo lo ha trovato -“ingarrato” direbbero i napoletani- e da questa stradina parte spesso per partecipare a festival e congressi nazionali dedicati all’ ormai variegato mondo della pizza.
Frittatina di pasta
Vincenzo Esposito è una persona cordiale, sorridente, con la “erre moscia” che fa tanto Napoli e il ciuffo curatissimo che lo caratterizza. Ha passione per il lavoro, traspare la soddisfazione per non essere uno dei tanti ma un “bravo pizzaiolo” che mattone su mattone ha costruito una realtà imprenditoriale che lo rappresenta e ci ha raccontato con piacere un pezzo di vita: bastano pochi minuti di racconti per tornare sulle tracce di una Napoli del centro storico, che come tante altre metropoli in trasformazione rischia di perdere il cordone ombelicale che la lega all’ originarietà.
Vincenzo, che
differenza c’ è tra fare il pizzaiolo ieri e farlo oggi?
“Mio padre Salvatore è stato per tanti anni il pizzaiolo della storica pizzeria Trianon, negli anni d’ oro in cui le pizzerie napoletane non erano tantissime e se lavoravi bene guadagnavi quanto un professionista. All’ epoca fare il pizzaiolo a Napoli significava che eri davvero portato per questo lavoro, mentre se andavi a fare il pizzaiolo all’ estero, significava che forse non eri apprezzato in casa e non portato per questo lavoro”.
Ma essere figlio di un
pizzaiolo ti ha mai fatto sentire obbligato a fare il pizzaiolo anche tu?
“Forse c’ è stata un’ influenza, ma è un lavoro che ho scelto io. Un giorno, era Carnevale, mi allontanai da scuola e mi presentai in pizzeria. Quando mio padre mi vide entrare mi chiese cosa ci facessi lì e io risposi “Voglio vedere a te come fai la pizza”. Quello forse è stato il momento in cui ho deciso di fare questo lavoro ma poi ci è voluto tempo per trovare la mia dimensione. Mio padre mi disse che non bastava lui come maestro e mi mandò in giro a fare esperienza ma poi mi ha aiutato quando ho deciso di voler fare da solo perché avevo tanta voglia di fare e non mi accontentavo di lavorare in un posto dove facevo appena 30 pizze a sera. A 20 anni sognavo in grande, volevo aprire la mia pizzeria al centro di Napoli e ogni volta che tornavo a casa con le mie proposte mio padre rispondeva “Quella zona è buona per aprire una profumeria”: io non capivo cosa volesse dire perché pensavo con la testa da sognatore e non da imprenditore. Poi ci fu l’ occasione di rilevare questi locali che erano nel nostro stesso quartiere, dove tutti ci conoscevano, e decidemmo di aprire la nostra attività qui. All’ inizio facevamo soprattutto trattoria, recuperando l’ antica tradizione della famiglia di mia madre, per questo la chiamammo “Carmnella”. Io fremevo perché avevo voglia di tenere le mani in pasta, iniziai a capire che l’ impasto anche se era buono doveva essere migliorato, che non doveva lasciare la sete e mio padre mi diede una grande mano”.
Tu hai coniato un tuo
motto, “Troppo napoletano”: cosa vuoi dire?
“Mi sento napoletano al 100% nella maniera migliore. Sapere che alcuni colleghi si sono definiti diversamente napoletani, come se esistesse un altro modo, migliore, per essere napoletano non la condivido. Porto avanti il mio modo di essere anche nel lavoro e non ho ceduto alle evoluzioni della pizza e alle “mode” che sono nate negli ultimi anni. Questo non vuol dire che io sia fermo: continuo a studiare l’ impasto, a migliorarlo, e pur riconoscendomi nella tradizione non escludo che nel menù possano entrare alcune novità, come potrebbe essere una pizza con l’ impasto alla curcuma. Con il tempo il lavoro è cambiato, la pizza si è evoluta e per me è stato un modo per mettermi in gioco pur rimanendo fedele alle mie idee”.
Questo sito Web utilizza i cookie per consentirci di offrire la migliore esperienza utente possibile.Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito web e aiutando il nostro team a capire quali sezioni del sito web trovi più interessanti e utili.
È possibile regolare tutte le impostazioni dei cookie navigando le schede sul lato sinistro.
Inoltre, nell’informativa della cookie policy del nostro sito, trovi tutte le informazioni per disattivare i cookie in modo autonomo su qualsiasi tipologia di browser.
Cookie necessari
I cookie strettamente necessari devono essere abilitati in modo che possiamo salvare le tue preferenze.
Se disabiliti questo cookie, non saremo in grado di salvare le tue preferenze.Ciò significa che ogni volta che visiti questo sito web dovrai abilitare o disabilitare nuovamente i cookie.
Questi cookie sono necessari per permettere al tuo account social di interagire con il nostro sito. Servono ad esempio per farti esprimere il tuo apprezzamento e per condividerlo con i tuoi amici social. I cookie di social network non sono necessari alla navigazione.
Per conoscere e disabilitare i cookie di questi social ecco i rimandi alle singole policy: