La varietà del territorio italiano offre un’ ampia gamma di eccellenze nostrane, alcune delle quali finiscono quotidianamente sulle nostre tavole, ma di cui in fondo conosciamo poco: tra queste, sicuramente le Clementine sono fra gli alimenti più diffusi. Noi però non parleremo genericamente di “Clementine” ma di “Clementine di Calabria”, un prodotto ortofrutticolo italiano IGP -Indicazione geografica protetta, caratteristico di questa Regione. Abbiamo avuto modo di conoscere meglio questa produzione visitando la Piana di Sibari, in provincia di Cosenza, e la prima cosa che abbiamo scoperto è che sia l’ albero che i frutti, sia al singolare che al plurale, si pronunciano “clementine” con la “e” finale.
Questo frutto nasce da un innesto realizzato nei primi anni del 1900 fra mandarini e arance dolci, per questo motivo è anche comunemente conosciuto con il nome di mandarancio. L’ origine esatta ancora oggi non è del tutto chiara: alcuni ritengono che il nome sia dovuto a Fra Clément Rodier che nel giardino del suo orfanotrofio in Algeria diede vita alla nuova coltivazione, mentre altri attribuiscono la scoperta a Pierre Clément, decenni prima. L’ albero di Clementine è molto simile a quello del mandarino ma ha le foglie più grandi e scure; il frutto si presenta con forma tondeggiante e dal colore arancione pieno; la polpa si presenta in spicchi succosi e ben bilanciati fra l’ agro e il dolce, poco acidi e generalmente non sono presenti i semi. L’ albero rende i frutti a partire da ottobre e sono reperibili fino a febbraio: questa stagionalità lo rende particolare alleato nell’ uomo nella prevenzione dei mali invernali, essendo un alimento ricco di Vitamina C e con una buona presenza di sali minerali. Normalmente il frutto è consumato fresco, ma viene utilizzato anche in pasticceria per realizzare sorbetti o da candire.
In Italia, a partire dal 1950, la coltivazione di Clementine si diffuse in Calabria, dove trovò il suo habitat naturale: il clima mite e regolare riesce ad esaltare le caratteristiche organolettiche del frutto, che solo in Calabria giunge a maturazione molto precocemente, ai primi di ottobre. La zona di produzione abbraccia vari territori della Regione ma è sicuramente nei dintorni di Corigliano Calabro, nella Piana di Sibari, che raggiunge i picchi più alti e nel linguaggio comune si parla spesso di “Clementine di Corigliano”. Quando siamo arrivati in Calabria, ai primi di dicembre, la Piana di Sibari sembrava dipinta a pois arancioni: erano le lunghe distese di Clementine che coloravano il paesaggio, conferendogli una connotazione unica. Da queste parti gli agrumeti sono parte integrante del territorio: clementine, arance, mandarini, limoni, cedri e il bergamotto, l’ altro agrume calabrese per eccellenza, sono coltivati per interi kilometri e questi paesaggi riportano un po’ indietro nel tempo, soprattutto quando si incontrano gli operai che lavorano manualmente sulla pianta.
Proprio per sottolineare il forte legame fra frutto e territorio, nel 2018 a Corigliano Calabro è stato inaugurato il Muclem Museo del Clementine, nato da un progetto dell’Associazione culturale Aglaia: un piccolo universo dedicato al Clementine con spazi espositivi riproducenti le tecniche di lavorazione, tabelle che indicano gli aspetti nutrizionali, suggerimenti per l’ utilizzo in cucina, informazioni sul mondo olistico del colore arancio del frutto, manufatti.
Il progetto del Muclem è stato realizzato anche grazie all’ azienda Medi Mais Calabria della famiglia Gallo, che opera nel settore della trasformazione degli agrumi sin dal 1989, producendo succhi concentrati per multinazionali. La famiglia Gallo, nella figura del figlio Pier Luigi, ci ha fatto visitare lo stabilimento dove viene prodotta anche “Clemì”, un’ agri-bibita a base di clementine calabresi interamente lavorate in azienda.
Abbiamo assistito alla premitura e a parte della produzione accompagnati da un inebriante profumo di spremuta d’ arance e abbiamo conosciuto questa bevanda rinfrescante con il 20% di succo di clementine, senza conservanti, coloranti e zuccheri aggiunti, senza glutine.
Durante i giorni trascorsi in questi luoghi, abbiamo conosciuto anche altre tipicità locali come il peperoncino calabrese, che viene servito intero a fine pasto per gli amanti del consumo in purezza perché aiuta a digerire; poi è arrivata anche la clementine, servita su un piatto da portata con il suo colore accesso, i suoi profumi inconfondibili, la sua rassicurante forma tondeggiante. Proprio durante una cena conviviale abbiamo ascoltato le storie di questi contadini 2.0 che nonostante mantengano un profondo legame con le tradizioni e con la terra sono ormai usciti da un’ idea obsoleta di agricoltura e sono determinati nel voler far capire al mondo che anche al Sud esiste l’ impresa agricola contemporanea. I racconti dei protagonisti di queste storie italiane sono quelli di persone temprate da anni di isolamento che oggi combattono con un altro problema: infatti il mercato delle Clementine, nonostante il frutto sia molto apprezzato ovunque, trova concorrenza con prodotti provenienti dall’ estero –spesso dalla Spagna- e questo è stato causa di parecchi dibattiti in merito alla tutela dei prodotti italiani; una tutela che a volte esiste solo sulla carta e non trova riscontro ai “piani alti” delle politiche agricole. Per invitarvi a conoscere meglio questo alimento e le realtà che vi abbaimo raccontato vi lascaimo alcuni link utili.
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