Negli spazi rinnovati di un edificio storico del centro, lo chef lucano ha trovato la dimensione giusta per la sua cucina d’autore.
Si è aperto un nuovo capitolo per la trattoria Scaccomatto di Bologna, che con i suoi 36 anni di vita ha accolto più di una generazione fra i tavoli della taverna di via Broccaindosso, già strada di osterie storiche.
Mario Ferrara, chef e patron, ha trasferito la sua brigata in via della Braina numero 9, un uscio anonimo che apre il varco a uno dei giardini più belli di Bologna, per anni curato dalle suore dell’ex convento.
Qui oggi la storia prosegue con Scaccomatto agli Orti.
Un’architettura storica e un giardino “segreto” che Ferrara ha lasciato nella sua naturalezza: non c’ è design floreale che possa competere con i colori che le stagioni imprimono alla Natura.
Il contesto, in generale, è molto bello: siamo nella Bologna del centro storico ma lontana dalla bolgia delle vie più affollate. Qui nel Quartiere Santo Stefano-Castiglione il fenomeno del food si è evoluto bene, senza eccessi, e con insegne di qualità.
Per il ristorante è stato fatto un lavoro di tutela verso elementi che andavano rispettati, come l’antica graniglia.
Le sale sono due: una total white, con una mise en place elegante, e poi un’altra pensata come un bistrot con morbide poltroncine bordeaux e un grande tavolo dello chef con 8/10 posti a sedere, pensato per momenti di degustazione esclusivi.
L’ampio disimpegno che collega le due sale accoglie un bancone da bar di supporto al ristorante.
Ma, soprattutto, la carta.
La cucina di Mario Ferrara fra memoria e contemporaneità
E’ lodevole Mario: quando poteva accomodarsi su uno stile già apprezzato e fidelizzato ha preferito mettersi ancora in gioco facendo entrare in cucina cuochi giovani provenienti da tutto il mondo: non ha temuto lo scontro generazionale e ha creduto nelle contaminazioni edificanti, perché anche una nuova leva può portare rinnovamento e voglia di fare cose nuove.
Non pago, come un giovane di belle speranze è finito in Catalogna, nella Girona delle rivoluzioni culinarie, nella cucina Alejandro Carrera Alonso: da lì è partita la rivoluzione di Mario che lo ha fatto approdare a uno stile maturo e essenziale.
La cucina della maturità è quella che mescola memorie lontane legate all’infanzia in Lucania e le suggestioni tratte dalla contemporaneità e dalle collaborazioni.
Importante il lavoro sui vegetali, da cui ha ricavato piatti eleganti, belli da vedere e incredibilmente pieni nei sapori.
Non a caso la mia scelta è caduta su piatti vegetariani, partendo da Cipolle bruciate, salsa acida, nocciole (13€): le cipolle ammorbidite senza intaccarne la carnosità, il colore avorio degradè, la salsa acida ton-sur-ton ne fanno un signature dish.
Fra gli antipasti c’ è anche la battuta di Fassona, salsa al tuorlo marinato (16€); filetto di triglia alla mugnaia (16€); alici marinate, burrata, peperoni in agrodolce (15€) e altri piatti a rotazione seguendo le stagioni.
Spaghettino, fichi e bottarga è eccezionale, emblematico di uno stile essenziale con forti influenze mediterranee: un morbido nido di spaghettini saltati nel burro aromatizzato con le foglie dei fichi piantati nel giardino e una generosa grattuggiata di bottarga.
Fra le scelte non mancano riferimenti tradizionali, seppur in un’ottica personale come i Tortellini in crema di brodo di Parmigiano e Lemongrass (18€); molto invitante anche la Pappardella con Porcini e Shiitake (18€).
La NostraParmigiana (13€) è un bel lavoro sulla melanzana che viene tagliata ingegneristicamente a strati conservando il pomo e poi farcita.
Se non avessi scelto un pasto vegetariano probabilmente mi sarei lasciata tentare dalle Bavette di manzo, con purè di patate, bagna cauda e verdure in agrodolce(22€).
I carnivori incalliti troveranno anche Coda e guancia di bufala “alla milanese”, sedano rapa e spinaci (22€), mentre sul fronte marinaro troviamo il trancio di Ricciola con caponata di verdure (22€) o un’ Insalata di Granchio Blu (18€).
Così come per gli antipasti, anche fra i primi e i secondi non mancano i fuori menù.
Tra i dolci (tutti a 8€) c’è il Fiordilatte bolognese, la Tenerina di zucca, cioccolato, olio e sale; io ho scelto Ricotta, cannella, caramello di siero di latte, un dolce ispirato a una crostata con ricotta e prezzemolo che faceva la nonna, gradevolissima.
Il pregio di questa cucina non sta solo nell’ambiente e nei piatti belli e saporiti ma soprattutto nella filosofia che predilige ingredienti locali a filiera corta.
Mario Ferrara è stato tra i promotori di una spesa etica che sostenesse i piccoli produttori, soprattutto in materia di vegetali e formaggi freschi.
Ad affiancarlo c’è suo figlio Simone, 30 anni, che dopo gli studi all’alberghiero ha fatto la sua gavetta passando per Massimiliano Poggi Cucina alle porte di Bologna, praticamente l’Accademia dei talenti dell’ospitalità bolognese, e da tre anni, insieme al padre, ha letteralmente ridisegnato “Scaccomatto”, ampliando le linee di confine, fisiche e mentali.
A Simone si deve il cambio di marcia della sala, che da trattoria in senso stretto si è fatta più raffinata, soprattutto in materia di etichette.
Per questo allo Scaccomatto agli Orti troverete una carta dei vini che vuole coniugare il pensiero fra sala e cucina concentrandosi sulla ricerca del prodotto. Vini di piccole produzioni, che seguono preferibilmente il principio della spontaneità, tramite lieviti indigeni e fermentazioni spontanee e dove il filtro nella ricerca è principalmente il vitigno autoctono, non solo nei vini fermi ma anche nell’espressione del metodo classico o della rifermentazione in bottiglia, per cercare di contrastare l’omologazione del gusto.
Questo è il nuovo Scaccomatto agli Orti di Mario Ferrara, che scrive il suo nuovo capitolo partendo da una tranquilla strada del centro storico.
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