Il confinamento forzato provocato Covid-19 non ha fermato le produzioni agricole e tutte le lavorazioni e i passaggi che la caratterizzano: in Calabria, nella Piana di Sibari (Cs), incastrata fra il Mar Ionio e il massiccio del Pollino, ci si prepara alla semina del riso, una coltura antica che da alcuni anni sta diventando uno dei fiori all’ occhiello delle produzioni italiane grazie ad imprenditori lungimiranti. La storia di Giancarlo Praino e della sua grande famiglia è proprio una fotografia della Calabria contemporanea, che esce dai luoghi comuni che la vedono arretrata e indietro rispetto ad altre realtà italiane: è la storia di una famiglia dedita all’ agricoltura e in particolar modo alla coltivazione di riso, una storia di italianità, di valori radicati, di crescita.
Magisa, questo il nome del’ azienda di famiglia, acronimo dei nomi delle figlie di Giancarlo –Maria, Giusi e Sara– l’ abbiamo conosciuta lo scorso dicembre, quando la raccolta di riso stava per terminare e già allora la nostra impressione era stata molto positiva: il fattore umano e familiare è il motore di un ingranaggio perfetto in cui sono presenti adeguamento tecnico, formazione e non da ultima l’ ambizione di fare un prodotto di qualità che racconti il buono di questo territorio, a tanti ancora poco conosciuto. La famiglia Praino gestisce circa 450 ettari di terreni coltivati con tecniche agricole a basso impatto ambientale, al fine di tutelare l’ equilibrio di tutto l’ ecosistema della Piana di Sibari; l’ azienda ha realizzato anche un opificio di oltre 700 mq dove il riso viene pulito e confezionato: una filiera corta che controlla tutto il ciclo del riso prodotto, circa 2500 tonnellate all’ anno. Oggi il bouquet aziendale vanta ben otto varietà – Carnaroli, Arborio, Karnak, Originario, Gange, Rosso solitario, Integrale e Grandi chicchi – a cui di recente si è aggiunto “Jemma”, una cultivar brevettata con licenza esclusiva per la Regione Calabria, dal colore nero e dal sapore aromatico, ideale per accompagnare vegetali e crostacei. La produzione però prevede anche una linea “Gran Riserva” (Arborio, Carnaroli, Gange, Jemma), le farine (di riso bianca, di riso integrale, di riso nero Jemma), le gallette, i risotti “proncottura” e anche il latte di riso.
Una storia che ha tante sfumature -storiche, sociali, produttive- e proprio nel momento in cui l’ agricoltura torna ad assumere un ruolo centrale, abbiamo voluto parlare di nuovo con il fondatore, Giancarlo Praino, per farci raccontare come è nata questa bella realtà italiana e far capire che il Sud, in particolare la Calabria, è sempre più competitivo anche in materia agroalimentare.
Giancarlo, come ha
avuto origine la tua azienda?
“L’ azienda nasce con i miei genitori, Giuseppe e Maria, nel secondo dopoguerra. A quei tempi c’ era tantissima povertà, la terra era l’ unica fonte di sostentamento e all’ epoca c’ era l’ Ente di Riforma Agraria con cui venivano distribuite le terre da coltivare; a volte i terreni venivano occupati ma a quei tempi, con la miseria, era così. Mio padre ebbe tre ettari di terreni, era il 1956, ma prima di renderli fecondi dovette bonificarli: il primo anno piantò 10 quintali di grano e ne raccolse solo sei quintali. Dopo qualche anno, i miei genitori decisero di puntare anche sulla zootecnìa e presero cinque vacche da latte; mia mamma si occupava di trasformare il latte in formaggio, tra cui il caciocavallo calabrese, e li andava a vendere nei mercati dei piccoli paesi. Nel 1959, l’ anno in cui sono nato io, mio padre acquistò il primo trattore è iniziò il “contoterzismo” ovvero coltivare le terre altrui, mettendole in produzione. All’ epoca era avanguardia”.
E tu, quando ti sei
inserito nell’ attività di famiglia?
“Quasi subito. Quando avevo 10 anni ero un bambino sveglio, andavo bene a scuola ma all’ epoca servivano braccia da lavoro e a me piaceva lavorare la terra. Ho lasciato la scuola per aiutare mio padre e avevo tanta voglia di fare ma non sono rimasto una persona ignorante, mi sono sempre informato e ancora oggi mi piace leggere, ogni sera lo faccio; oggi per fare una buona azienda agricola ci vuole anche la cultura. Successivamente, mio padre ha iniziato ad avere problemi di salute, non poteva andare nei campi ma seguiva tutto e noi siamo riusciti a farlo campare fino a 84 anni: ha fatto in tempo a vedere nascere la riseria e mi disse che avrei fatto grandi cose”.
Ci saranno stati tanti
eventi in tutti questi anni: come possiamo riassumerli?
“Sì, ci sono stati tanti momenti: per anni ci siamo dedicati
alla coltivazione di ortaggi, abbiamo fatto tanti sacrifici. Sicuramente
lavorare per conto terzi è stato l’ aspetto più importante e quando il Vescovo
di Cassano allo Ionio decise di affidarci la coltivazione di 250 ettari di
terreni ci aiutò a credere in un progetto più grande, facendo di noi i più
grandi contoterzisti del Sud Italia. Oggi quelle terre sono produttive e grazie
a ciò la Caritas Diocesana ha potuto anche aiutare tante persone in questo
momento difficile che viviamo”.
Quando è iniziata l’
avventura nel mondo del riso?
“La coltivazione di riso era un mio sogno: l’azienda è nata nel 2002 ma abbiamo lavorato tantissimo per raggiungere obiettivi importanti. La coltivazione del riso qui in Calabria parte da lontano ma è stata sempre marginale rispetto alle coltivazioni del Nord Italia, così ho capito che dovevo imparare. Nel 2003 sono andato a Vercelli, l’ oasi italiana della risicoltura: ho capito che servivano innovazione e investimenti importanti che da solo non potevo fare. Abbiamo creato una società con Agostino Rizzo ottenendo un mutuo ipotecario importante che ci ha permesso di lavorare per realizzare un sogno. Il primo anno siamo partiti con 120 ettari di terreni e oggi sono diventati 450 ettari: siamo il più grande produttore di riso della Calabria e siamo fra i primi cento in Italia. All’ inizio vendevamo il riso al Nord ma poi abbiamo deciso di completare tutta la filiera qui, fino al confezionamento”.
Com’ è la tua
giornata-tipo?
“Mi alzo sempre alle cinque del mattino e, anche se vado a lavorare in campagna, ogni mattina mi faccio doccia e barba; attendo l’ arrivo degli operai e inizia la giornata di lavoro che finisce verso le 19. La vita da agricoltore è dura e ti espone anche a tanti pericoli. Nel 2016 ho avuto un problema di salute dovuto al fatto che passo tanto tempo a contatto con la terra e le polveri: i miei polmoni hanno fatto spaventare me e la mia famiglia ma per fortuna ho incontrato i medici giusti che mi hanno messo sulla buona strada e mi tengono sotto controllo. Quella paura non si dimentica: per prima cosa ho pensato alle mie figlie e ho loro intestato l’ azienda, Magisa è nata così.”
Questo momento storico
ha fatto rivalutare l’ agricoltura, che non si è fermata…
“Per noi il lavoro è rimasto uguale, per fortuna, anche perché la nostra categoria è troppo abituata a stare tutto il giorno nelle terre e in casa impazziremmo. Questo periodo è fondamentale per la coltivazione di riso: stiamo preparando le vasche, le allaghiamo per preparare la semina di maggio per poi passare alla raccolta che si fa tra settembre e inizio dicembre. Qualche anno fa, durante un viaggio in America, nell’ Illinois, per conoscere la grande casa di trattori John Deere, ci dissero una cosa “Grazie a noi agricoltori il mondo non chiude”.
Tu hai viaggiato tanto
per lavoro e hai visto come si lavora altrove; cosa ne pensi della situazione
in Calabria? E’ vero che c’ è ancora tanta arretratezza?
“Sì, sicuramente è vero che siamo ancora arretrati come mentalità ma ho molta fiducia sulle nuove generazioni che si stanno dando da fare con vedute più ampie e utilizzo della tecnologia, ma per un vero cambiamento ci vorranno ancora varie generazioni. Ci sono anche problemi del mercato della grande distribuzione, per cui i prodotti provenienti dall’ estero vengono preferiti ai nostri, come nel caso degli agrumi; ci sono aziende giovani che si danno da fare, una, in particolare, ha scelto di venderli al Nord con il servizio a domicilio. Noi siamo soddisfatti di aver creato un’ azienda contemporanea”.
Attraverso le immagini
dei social, si è visto che voi agricoltori avete dato un contributo gratuito alla
sanificazione delle strade dei vostri comuni..
“Sì, noi della Magisa e altre aziende del territorio con le nostre macchine abbiamo sanificato le strade dei nostri Comuni organizzandoci in turni notturni e utilizzando il nostro detergente a basso contenuto di inquinamento. In questo modo il Comune ha risparmiato circa 10 mila euro che sta usando per aiutare le famiglie in difficoltà; poi c’ è stata tanta beneficienza fra Caritas e banco alimentare”.
Da imprenditore e
persona di esperienza, come vedi il futuro?
“Penso che inizieremo a riprenderci verso fine anno. Questo
momento, però, può essere anche di
insegnamento per capire i nostri problemi e investire nella sanità e nella
sicurezza di tutto il Paese: perché dobbiamo acquistare le mascherine dalla Cina
e non le produciamo noi? Solo per risparmiare 4-5 centesimi? Ognuno dovrà
collaborare per rendere migliore l’ Italia”.
Sei soddisfatto di tutto ciò che hai costruito?
“Sì, ma la gioia più grande è la famiglia. Io e mia moglie Antonietta abbiamo lavorato tanto, abbiamo sognato e ci siamo dati da fare; abbiamo tre figlie meravigliose e altrettanto i loro mariti che lavorano tutti in azienda con grande armonia e collaborazione. Sul futuro abbiamo ancora tanti progetti da realizzare e voglio godere dell’ affetto dei miei nipotini. Adesso pensiamo a superare anche questo brutto momento”.
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