Luigi Cippitelli racconta il Vesuvio attraverso le tipicità di una terra che si sta facendo scoprire da poco.
Il Vesuvio, dopo un lungo periodo di chiusura, da qualche anno ha finalmente deciso di far conoscere al mondo la sua straordinaria biodiversità, che raccoglie una grande varietà di prodotti unici, tra cui il pomodoro del Piennolo e l’ albicocca “Crisommola”, ma anche salumi e formaggi.
Una bella storia legata a questa terra la sta scrivendo Luigi Cippitelli, 41 anni, titolare dell’omonima pizzeria a San Giuseppe Vesuviano (Na).
La pizza di Luigi si fa apprezzare per la centralità che assume il territorio nella scelta degli ingredienti che la compongono: uno stile che ha anche il merito di dare impulso a una fascia di mercato importante, quella dei produttori artigianali, capaci di restituire ad ogni alimento il sapore genuino di un tempo e che spesso recuperano addirittura antiche colture locali, che altrimenti sarebbero sopraffatte dalla grande distribuzione.
Quando ti siedi in questa pizzeria e fai due chiacchiere con Luigi, ti viene una gran voglia di infilare gli scarponcini e partire per una giornata di trekking sul Vesuvio!
In effetti questo è il consiglio migliore che mi sento di darti: se capiti dalle parti di Napoli, una mattinata sul Vesuvio è imprescindibile, poi ritorni giù e ti fermi a San Giuseppe, nella pizzeria di Luigi che con fare certosino da tempo seleziona ricordi, abitudini e tradizioni locali per fare una pizza diversa dal solito.
Dietro queste idee c’ è la figura di un uomo gentile, quasi d’ altri tempi, il cui perno della propria vita sono il lavoro e la famiglia; un pizzaiolo- imprenditore che ha bisogno dei sorrisi dei clienti più che dei riconoscimenti -che sono pur sempre un’ottima gratificazione- ma non sono l’ obiettivo principale.
Accanto a lui, nella vita e nel lavoro, c’ è la moglie Imma Urraro che presidia la sala e il fratello Marco che lo supporta in cucina.
Con il desiderio di far conoscere il patrimonio gastronomico del Parco Nazionale del Vesuvio, Luigi Cippitelli oltre agli alimenti recupera anche racconti, aneddoti e leggende che elabora per rendere le sue pizze ancor più territoriali e tessere una narrazione che sicuramente vale il viaggio.
Luigi, raccontaci un po’ di te…
“Sono nato a S. Giuseppe Vesuviano nel 1980 ma nell’ 82 mi sono trasferito con la mia famiglia a Caiazzo, in provincia di Caserta, dove ho frequentato l’istituto alberghiero. Dopo il diploma cominciai a lavorare in una pasticceria e successivamente nei ristoranti. Al mio ritorno a San Giuseppe Vesuviano, nel 2000, iniziai ad interessarmi alla pizza, ma all’ inizio fu traumatico perché avevo un’ impostazione da ristorante mentre nelle pizzerie c’ era più improvvisazione. Nel 2004 ho aperto la mia prima pizzeria d’ asporto, che ho avuto per 10 anni, poi nel 2014 ho realizzato il sogno di aprire una pizzeria con i posti a sedere”.
E hai iniziato a fare le tue pizze “Vesuviane”: cosa ti ha ispirato?
“Ho sempre pensato di fare una pizza mia, che mi rappresentasse, e ho scelto i prodotti del Vesuvio per raccontare il profondo legame con il territorio. All’ inizio parlare del Vesuvio e delle sue eccellenze mi intimoriva un po’ perchè le terre del Vulcano sono anche un po’ sacre per i suoi abitanti, così ho iniziato dai territori del vicino Monte Somma. Pian piano mi sono allargato e ho conosciuto tanti piccoli produttori, contadini veri, che mi hanno aiutato scoprire prodotti che non conoscevo e sperimentandoli in cucina ho capito che la mia pizza poteva avere una marcia in più”.
Quali sono gli alimenti tipici del Vesuvio che usi sulle tue pizze?
“Zucca lunga napoletana, papacelle (tipo di peperone), broccoletti, il pomodoro del Piennolo. Frequentando i coltivatori ho iniziato ad utilizzare le “fronde d’aulivo”, una qualità di broccoli, tipica dell’area vesuviana, con le foglie strette e lunghe, che richiama un po’ le foglie dell’ulivo; poi ci sono i salumi locali come il “Pezzente” un salame ricavato dalle parti meno nobili del maiale ma che ha un grande sapore. Mi ispiro anche alle tradizioni contadine, così come ho fatto con la pizza con il baccalà e la pappacella: nei paesi Vesuviani, in particolare a Somma Vesuviana, il baccalà ha una lunga tradizione; inoltre, molti non conoscono il sapore della pappacella gialla, che viene usata solo nelle ricette tradizionali, e i clienti mi hanno detto di apprezzarla molto sulla pizza. Io dico sempre che non bisogna limitarsi a mettere insieme degli alimenti su un disco di pasta, ma devi fare qualcosa di tuo; io desidero fare una pizza “esperienziale” e territoriale, con proposte che non trovi altrove. Ho un legame stretto con i produttori, con cui stiamo recuperando anche semi e colture”.
Detto fatto e arriva in tavola la “Pezzent” con fettine di salame “Pezzente”, scarola riccia saltata in padella con olive nere e pomodorino Piennolo a pacchetelle, provola affumicata e scaglie di Provolone del Monaco: ricca e saporita, vi si ritrovano tanti elementi delle case del Sud. Naturalmente è buonissima.
Le pizze “vesuviane” sono 15 e poi ci sono anche i grandi classici; i prezzi vanno dai 4€ per una Marinara ai 10€ per quelle più elaborate.
La tua formazione da cuoco ti ha aiutato?
“Il settore è cambiato e bisogna sapere cosa fare, è necessario avere tutto sotto controllo per creare la pizza come un piatto, sapendo cosa può andare in forno e cosa no; occorre studiare. Oggi in pizzeria c’ è più preparazione sulle cotture e la cucina ha un ruolo più centrale. Una pizza deve semplicemente essere buona, ma se riesce a raccontare una storia, lo è di più”.
Le ispirazioni però vanno oltre gli alimenti e quando in tavola arriva il “Gran cono” Luigi racconta un’ antica leggenda locale:
“Il Gran cono è la tradizionale pizza fritta napoletana ma tagliata ai bordi in modo da ricordare il Vesuvio in un’ eruzione di ricotta, ragù napoletano, pepe e con la polvere di olive disidratate ho riprodotto i lapilli di lava. Per questa ricetta mi sono ispirato alla leggenda di Maurone, un uomo dal volto nero che si recò sul Vesuvio per chiedere la Grazia di tornare normale; il Vulcano, commosso dalle preghiere di Mauro, esaudì la sua richiesta e inviò un Angelo che lo condusse nel cratere e, soffiandogli sul volto la cenere, restituì a Maurone il colorito bianco”.
Tipicità, racconti, ma anche usanze, come quella del recupero che ha stimolato la creatività dello chef- pizzaiolo: con i panetti che non vengono utilizzati per la pizza, Luigi ricava del pane raffermo che è la base di alcuni dolci come il Pancaprese, il Panmigliaccio e il Panpastiera.
Il Panpastiera è ottimo: il risultato è un morso croccante che affonda nel cuore morbido e profumatissimo di grano e ricotta; fetta alta, ripieno fermo e si trova tutto l’ anno.
Nelle grandi città c’ è più curiosità verso le nuove proposte, hai mai pensato di spostare la tua attività a Napoli città?
“No, perché ho voluto contestualizzare il mio progetto e oggi il Vesuvio è motivo di interesse e curiosità; c’ è molto movimento e oggi la gente se vuole arriva ovunque”.
Che progetti hai per il futuro?
“Con i risultati raggiunti finora mi sento gratificato e responsabile. Amo quello che faccio e voglio far crescere il mio progetto sostenuto dalla mia famiglia, con cui mi piacerebbe trascorrere più tempo ma lavoro 14/16 ore al giorno. Un giorno mi piacerebbe molto far conoscere le eccellenze del territorio vesuviano oltre i confini regionali”.
Un’ ultima cucchiaiata alla pastiera e via a fare una passeggiata al centro di San Giuseppe dove c’ è l’ omonimo Santuario del 1700 e poi uno sguardo in sù, verso il cratere del Vulcano e so già che molto presto lo raggiungerò.
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