L’ emergenza dovuta alla diffusione del Covid-19 ha colpito tanto le persone quanto l’ economia del nostro Paese: ad essere colpiti sono anche i prodotti italiani, che in questo momento sono fermi, probabilmente stipati in massa in confezioni in serie, da settimane bloccati in centinaia di magazzini. In questo momento storico di grande paura, fra gli italiani e le nostre eccellenze del territorio c’ è un parallelismo forte, netto, evidente. Abbiamo scelto il pomodoro italiano come simbolo di tutte le nostre tipicità per raccontare ancora una volta quanto lavoro ci sia dietro la coltivazione. Non parleremo di un pomodoro qualunque ma del Pomodoro del Piennolo, una cultivar tipica campana che fa da corona – sembra quasi paradossale il confronto- ai territori intorno al Vesuvio.
Questa cultivar, riconosciuta dai marchi di tutela con il nome di Pomodorino del Piennolo Dop, deve rispettare un determinato disciplinare che potremmo sintetizzare così: frutti di 25-30 grammi caratterizzati da un apice appuntito, buccia spessa di colore rosso intenso che permette una lunga conservazione, polpa soda dal sapore dolce con retrogusto acidulo. Per tutte le sue caratteristiche che ne fanno un prodotto di alta qualità, il Pomodoro del Piennolo negli ultimi anni è stato molto richiesto dal mondo della ristorazione e adesso, con il fermo imposto dallo Stato, sia i ristoratori che i coltivatori si trovano in difficoltà.
Abbiamo parlato di questa situazione con uno degli imprenditori del settore, Angelo Di Giacomo – per tutti Giolì– che lo scorso settembre ci aveva fatto visitare i campi di coltivazione e il laboratorio dove i grappoli di pomodoro vengono lavorati, anzi intrecciati, per dare loro la classica forma a pendolo da cui deriva la denominazione di “Piennolo”. I campi, che si trovano alle pendici del Vesuvio, offrono un panorama spettacolare fra il cratere del vulcano che si scorge fra gli alberi e lo splendido Golfo di Napoli che si apre sotto gli occhi del visitatore; conoscere queste zone è innanzitutto una bellissima esperienza personale.
Giolì, da quanto tempo ti dedichi alla coltivazione di Pomodoro del Piennolo?
“L’ azienda è nata ufficialmente nel 2011 ma la mia famiglia ha una lunga tradizione nel settore della coltivazione di vegetali. Mi sono laureato in economia aziendale, un corso di studi che mi è servito tanto per dare forma alla mia azienda, ma nel mio percorso ci sono state varie tappe importanti. Dopo la laurea, infatti, frequentai un corso per diventare sommelier ed iniziai a lavorare nei ristoranti, una scuola importante perché in fondo in sala si vende e anche quella esperienza mi è risultata utile. Poi ho deciso di dedicarmi interamente alla coltivazione e alla trasformazione dei vegetali tipici di questo territorio, in primis pomodoro del Piennolo ma anche i nostri friarielli (tipico broccolo napoletano), peperoncini verdi, papaccelle, zucchine e fiori di zucca. La voglia di lavorare non mi è mai mancata e pur essendo laureato non mi sono fatto problemi a indossare l’abito del contadino e lavorare la terra”.
Ci racconti le fasi principali della coltivazione?
“La tecnica è quella contadina. Si parte a luglio con l’ estrazione dei semi che si mettono a riposo per poi trapiantarli fra marzo e aprile. L’ altezza della pianta varia fra 60-80 cm a seconda dell’ annata; fra maggio e giugno la pianta viene cimata, un passaggio importante perché dà la possibilità alle bacche di pomodoro di crescere. La raccolta parte in genere dalla fine di giugno e dura fino alla fine di agosto; dopo si passa all’ intreccio e alla conservazione oppure alla trasformazione se il prodotto finisce in barattolo. La conservazione del prodotto fresco e intrecciato dura a lungo e ci permette di avere i pomodori fino alla primavera successiva alla raccolta, l’ importante è avere qualche precauzione: nella tradizione contadina i grappoli vengono appesi in un luogo areato all’aperto ma coperti, l’ ideale sarebbe un pergolato, ma se si tengono a casa l’ ideale sarebbe una cantina asciutta e areata o sul balcone protetti dal sole; sconsiglio di tenerli in cucina perché i vapori accelerano l’ ossidazione”.
Dal campo di coltivazione, siamo poi andati nel laboratorio di intreccio dove Giolì, insieme alla signora Maria, intrecciatrice di lungo corso, ci hanno spiegato meglio questa antica arte manuale: “Ho iniziato questo lavoro da piccola ma per tanti anni non conoscevo la giusta dicitura del mio mestiere, che è “intrecciatrice di pomodoro del Piennolo”- ci dice la simpatica signora. “Il lavoro di intreccio parte già sui campi: quando raccogliamo i pomodori, rigorosamente a mano, facciamo già una prima selezione in base alla qualità della bacca perché l’ estetica è importante e poi c’ è il disciplinare da rispettare. I pomodori che non vengono intrecciati per il consumo fresco vengono trasformati in passata, pomodoro intero in succo e “pacchetelle” che è una delle conservazioni più diffuse, cioè si divide il pomodoro in due, si schiaccia a mano, si mette in barattolo e si pastorizza. Negli ultimi anni mi sono dedicato anche alla coltivazione del pomodorino giallo, molto richiesto dal mondo della ristorazione”.
Come viene utilizzato
il pomodoro del Piennolo in cucina?
“Innanzitutto è un alimento beneaugurante e di solito quando nasce un bambino si regala un grappolo di Piennolo dello stesso peso del bambino accompagnato con una dedica. In cucina ci sono tante ricette tradizionali: in primis lo spaghetto al pomodoro che si fa preparando un sugo con olio evo e con i pomodori schiacciati a mano –in dialetto si dice “scamazzati”- e profumato con il basilico; poi si fanno gli gnocchi alla Sorrentina con la passata di pomodoro; lo spaghetto alle vongole con pacchetelle di pomodoro; il baccalà fritto e ripassato in padella con il pomodoro; la carne alla pizzaiola; il pollo o il coniglio alla cacciatora. Oltre alle ricette tradizionali da alcuni anni anche gli chef lo hanno scoperto per la sua versatilità e lo impiegano in ricette creative e “gourmet” e poi ci sono i pizzaioli che lo prediligono per le sue caratteristiche che esaltano tanto i sapori delle pizze; fra i miei clienti ci sono chef e pizzaioli di tutta Italia. Il mondo della ristorazione, infatti, è il mio canale di vendita principale e questo fermo mi ha imposto di reinventarmi”.
Questo momento è molto
difficile per il commercio dei prodotti alimentari, la tua azienda come ha
reagito?
“La produzione non è ferma perché l’ agricoltura è uno dei pochi settori che ha continuato a vivere: sul piano della coltivazione la parte più difficile è gestire i lavoratori e i loro spostamenti perché il decreto sui flussi è ancora fermo; per adesso me la sono cavata da solo e con l’ aiuto della mia famiglia ma attendiamo giugno con speranza perché quando partirà la raccolta ci sarà bisogno di manodopera. Per fortuna non ci siamo persi d’ animo e ci siamo dati anche ad altre coltivazioni che porto ai mercati ortofrutticoli alle 3 di notte per trovare un nuovo canale di vendita: fave, piselli e zucchine gialle sono disponibili; in particolare, le zucchine gialle sono andate oltre le mie aspettative e aspettiamo anche i peperoncini verdi e papaccelle (peperoncini tipici napoletani). La parte commerciale invece è ferma per lo stop della ristorazione che è il nostro canale di vendita principale: abbiamo pensato ai nostri clienti che hanno subìto un’ interruzione del lavoro improvvisa e gli siamo andati incontro allargando il piano di rientro a 60 giorni, ma le attività non stanno lavorando e sono impossibilitate a pagare le forniture. Mi sono attivato per servire il settore privato e sto valutando la fattibilità dei progetti; in generale ci aspettiamo un calo del fatturato”.
Da laureato in materia economica e imprenditore, che idee potresti suggerire per la ripresa del settore?
“Al momento non ci sono programmi seri ma solo palliativi. Nel nostro settore deve essere fatta una programmazione di 5-10 anni; c’ è bisogno di liquidità e bisogna permettere di rientrare con dilazioni lunghe, concedere finanziamenti a tasso 0. In un certo senso torneremo indietro come dopo guerra oppure agli anni ’70. Purtroppo al momento si può solo attendere, ma non troppo perché l’ agricoltura segue le stagioni e questa mi pare una buona annata perché in Campania al momento non abbiamo avuto temperature basse e questo porterà un buon raccolto”.
Azienda agricola “Giolì”
Via Palmiro Togliatti 37, San Giorgio a Cremano –Na-
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