Ho intercettato questa trattoria durante un viaggio alla scoperta della provincia di Bari e l’ ho subito catalogata come “ristorante da città” ma poi parlando con il titolare, Rocco Violante, ho capito che le motivazioni sono il motore di ogni progetto e il posto perfetto non esiste.
Sicuramente ci sono luoghi più frequentati e altri più difficili da un punto di vista turistico ma se non ci fossero persone determinate a fare impresa nelle zone di periferia allora la provincia italiana sarebbe davvero destinata ad essere abbandonata.
Ma per fortuna possiamo ancora raccontare storie di chi rimane o ritorna, portando aria di novità e creando posti di lavoro.
Siamo a Bitetto (Bari), paese di circa 12 mila anime e il ristorante è Rocco Trattoria Moderna, in cui la vocazione per la trattoria tradizionale si fonde con lo stile moderno.
Gli ambienti, in primis, ci accolgono con un mix di passato e contemporaneità: le mura di pietra tipiche delle case pugliesi del 1900 fanno da cornice a una sala con tavoli e sedute in stile bistrot e mise en place essenziale ed elegante.
Guardo il menù e mi piace subito la scelta di non proporre più di quattro scelte per sezione; gli ingredienti annunciano già il legame con le tipicità locali anche quando le ricette non sono tradizionali .
In accordo con i compagni di desco decidiamo di muoverci fra piatti più legati al territorio e altri più creativi, quindi partiamo con il “Tortino di verdura, caciocavallo, capocollo croccante e rucola fritta” a cui aggiungiamo il “Battuto di Scottona affumicato a freddo con mandorle tostate, olio allo zenzero, e salsa al curry”; quasi impossibile poi resistere a uno dei piatti simbolo della cucina meridionale, ovvero le polpette di pane fritte che lo chef ha completato con una crema di zucchine e chips di zucchine fritte, davvero ottime.
Per il primo piatto ci spostiamo sulle proposte di mare e in tavola arrivano le “Mezze candele con ragù di mare, limone, emulsione al basilico” un evergreen che sprigiona la salinità del mare grazie a un ragù ben ristretto; annaffiamo il tutto con un buon rosato di uve Primitivo, “Maioliche” di Tenuta Viglione.
Ottima la chiusura con il “Millefoglie di pasta fillo, crema al limone, albicocca, caramello salato”.
Ho voluto fare due chiacchiere con Rocco Violante che mi ha raccontato la sua idea di cucina e di ristorazione di oggi.
Come sei diventato cuoco?
“Nella ristorazione ci sono cresciuto perché mio padre come secondo lavoro faceva il cameriere e io, che sono l’unico figlio maschio, seguivo mio padre già quando avevo 7/8 anni e giocavo dietro le quinte dei ricevimenti. Dopo ho fatto l’alberghiero a Bari e già durante la scuola ho iniziato a fare le stagioni estive in giro per l’Italia”.
Però hai deciso di rimanere a Bitetto…
“Mi ero trasferito in Svizzera ma a causa di un incidente mi fratturai un femore e fui costretto a tornare a Bitetto. Una volta ripreso, nel 2007 ho deciso di investire su una palazzina abbandonata del centro storico e visto che l’edificio era stato costruito nel 1905 decisi di chiamare il ristorante “Novecento”. Iniziai facendo una cucina popolare ma in testa avevo il progetto di un caffè letterario, pensato come luogo di incontro e la formula innovativa per queste zone è stata ben accolta. Poi è arrivato il Covid e rallentare i ritmi mi ha fatto venire idee nuove; in quel periodo ci siamo salvati in calcio d’ angolo puntando sullo street food e anche grazie alla benevolenza dei clienti che hanno continuato a sceglierci. Dopo l’emergenza ho fatto una profonda ristrutturazione dei locali e ho scelto di cambiare il nome in “Rocco Trattoria Moderna”: la mia cucina non è complicata, si rifà al territorio e la soddisfazione è far ricordare ai clienti i sapori di una volta”.
Non sei tentato dal gourmet?
“Arrivi a una maturità che ti fa capire cosa puoi fare oppure no. Nell’ ultimo decennio la cucina è esplosa con tante tendenze, vedo che oggi si punta tanto sul gourmet, sulla creatività senza esperienza a volte sembra che si voglia stupire a tutti i costi ma io sono del parere che bisogna saper fare da mangiare, altrimenti si va a teatro. Ovviamente è giusto che ci siano evoluzioni nel nostro lavoro, anche io continuo a studiare e confrontami ma mi piacciono le basi solide; uno chef che ammiro molto è Pino Cuttaia”.
Mai avuto il desiderio di lasciare il paese per la città, dove girano più persone?
“A volte i clienti mi dicono di andare in città ma io ho un pensiero diverso. La città è un’arma a doppio taglio perchè spesso ci sono tante mode senza continuità anche nel mondo del cibo; c’ è un maggiore afflusso ma senza cognizione, si va al ristorante quasi di passaggio e questo favorisce le recensioni negative perché se non sai cosa vuoi non sei mai contento di ciò che ti viene proposto. Inoltre in città c’ è molta omologazione nei prodotti e spesso i ristoranti diventano contenitori di tutto per acchiappare più pubblico possibile. Da me invece si viene apposta perché si è amanti di un certo tipo di cucina; il vero cliente del ristorante non sente il peso di fare 20 km da Bari a Bitetto, per esempio.”
Cosa ti piace di Bitetto?
“Gastronomicamente, Bitetto è il paese dell’ oliva termite e io utilizzo molto l’ olio extravergine locale, tanto che ho messo in carta anche una degustazione di oli. Per il mio tipo di cucina la materia prima locale è preziosa e io la scelgo anche per far girare l’ economia del paese, prediligendo sempre botteghe e artigiani ai grandi magazzini. Sicuramente quello che manca a questi paesi è la cultura del mangiare fuori e ancora si va al ristorante solo nelle occasioni speciali ma le nuove generazioni stanno già cambiando le cose. Una mia soddisfazione è anche quella di aver creato quatto posti di lavoro coinvolgendo giovani che hanno voglia di lavorare, di crescere e di cui mi fido molto”.
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