Questa storia ha due protagonisti: il primo è un giovane uomo dai modi garbati d’altri tempi; l’altra è una signora centenaria che davanti a sé ha una vita ancora molto lunga.
Cosa hanno in comune un trentenne e una centenaria? Parecchio, perché loro sono Cristian Santomauro e l’ Antica pizza cilentana, detta anche “Ammaccata”, e il loro “incontro”, avvenuto anni fa, ha sicuramente segnato uno dei momenti più importanti per la diffusione delle tradizioni del Cilento: infatti Cristian Santomauro da giovane appassionato di pizza si è trasformato in un professionista e, riscoprendo l’antica produzione dell’ Ammaccata cilentana, si è impegnato per farle ottenere il riconoscimento di PAT, ovvero prodotto agroalimentare tradizionale, avvenuto nel 2020.
Ma che cosa è, esattamente l’Ammaccata? E’ una pizza, ma diversa dalle altre. Originariamente, l’impasto era quello del pane fatto in casa dalle massaie: al momento della cottura, che avveniva in un forno a legna in genere posto in giardino o in un locale esterno alla casa, si provava il forno stendendo un po’ di impasto condito con sugo di pomodoro e formaggio paesano.
Questa abitudine ha inconsapevolmente dato vita a una delle preparazioni più golose del territorio cilentano che per tanto tempo è rimasta relegata nelle vetrine dei panifici di periferia.
Poi è arrivata la riscoperta delle tipicità, il boom del cibo, il recupero di usi antichi e l’Ammaccata ha indossato l’abito nuovo.
L’accostamento di un alimento antico al volto giovane e fresco di Cristian Santomauro e la sua determinazione nel portare avanti il progetto legato all’ Ammaccata hanno fatto la differenza e oggi questo incontro è uno delle storie più belle che il territorio cilentano possa raccontare.
La conquista del marchio di tutela è stato certamente un traguardo importante ma il contributo di Cristian alla conservazione e diffusione dell’Ammaccata è più ampio.
Innanzitutto, questa storia inizia nel Cilento più autentico, quello dei paesi sulle colline interne, in quel Piano Vetrale (Sa) che diede i natali al pittore Paolo De Matteis:
“Ho iniziato a 15 anni a fare il fonaio per passione: avevo un vicino di casa molto bravo a fare le pizze, io spesso l’aiutavo e fin da allora ho iniziato a imparare la cottura, che è molto difficile. All’ epoca non c’era la cultura di adesso sulla pizza e tante tradizioni locali si stavano perdendo. Iniziai a fare le pizze a casa, praticamente tutti i giorni; era come un’ossessione e mia mamma voleva cacciarmi fuori di casa”.
Come sei arrivato a fare l’ Ammaccata, l’ antica pizza cilentana?
“Accadde che mia nonna Teresa, a cui ero molto legato, iniziò ad avere la demenza senile e rispondeva poco alle mie domande. L’ unico argomento che le interessava era il lavoro, in quanto era stata una grande lavoratrice come tutte le donne di campagna. Un giorno le chiesi cosa faceva con il forno che aveva nel giardino e le mi rispose “l’Ammaccata!”. Non avevo mai sentito questa espressione, così mi infornai e venni a conoscenza che si trattava dell’antica pizza che le donne facevano nel Cilento. Decisi di imparare anche io a fare l’ ammaccata cilentana ma all’inizio avevo tante difficoltà perchè non riuscivo a stendere l’impasto; poi iniziai a schiacciare l’impasto sulla pala di legno e capii perché la chiamavano Ammaccata”.
E alla fine ti sei dedicato esclusivamente all’ Ammaccata..
“Sì, ma ho iniziato proprio dal basso -mi dice Cristian con il sorriso adolescenziale che lo contraddistingue- e piano piano sono migliorato. Iniziai a partecipare alle feste e sagre locali, un modo per raccogliere fondi per sostenere un altro evento del mio paese, Piano Vetrale, dedicato al pittore De Matteis. Organizzai la “Festa dell’antica pizza cilentana” perchè pensavo che il nome “ammaccata” fosse difficile da imparare, invece in quell’ occasione capii quanto piaceva questo tipo di pizza e che il nome “ammaccata” era subito entrato nella testa delle persone. Da allora mi sono dedicato esclusivamente a migliorare la mia tecnica, con tanta caparbietà è un po’ di fortuna”.
Ci racconti l’ ammaccata nella tua visione?
“Il valore dell’ammaccata innanzitutto nei suoi ingredienti. L’ impasto di questa pizza in origine era lo stesso usato per il pane e ho dovuto trovare la soluzione giusta per rendere l’ impasto più leggero senza snaturarlo. Uso farine di grani locali, lievito Madre, poco sale e non si aggiungono grassi all’ impasto. Non uso il frigo ma faccio maturare l’ impasto in un luogo fresco e asciutto per 10-12 ore. L’ impasto viene poi schiacciato su una pala che dà la classica forma allungata di questa pizza. Il condimento è importantissimo: io uso tre tipi di pomodoro cotto: pelato classico, datterino e pomodoro “Quarantino” biologico dell’ agriturismo “I Moresani”, bella realtà del nostro territorio. Il sugo, che deve essere abbastanza denso, viene aromatizzzato con una spolverata di origano e non di basilico come avviene nella pizza napoletana. La cottura avviene nel forno a legna a volta alta per circa due minuti e all’ uscita si termina la pizza con una grattuggiata di Cacioricotta di capra che mi faccio produrre dall’ azienda Principe Mazzacane”.
Perchè hai deciso di impegnarti personalmente per far ottenere il marchio PAT all’ Ammaccata?
“L’idea mi è venuta perchè volevo dare valore al prodotto e far capire che c’è una storia dietro l’ Ammaccata. Ci sono voluti alcuni mesi per ottenere il marchio di tutela e in questo percorso mi ha accompagnato l’ agronomo Marco Colasanto”.
Quindi ora ti dedichi esclusivamente all’ Ammaccata?
“Sì, ma a 360°. Da quando ho iniziato questo lavoro ho dovuto imparare tante cose sul mondo del grano; ho fatto tanti tentativi, esperimenti e anche errori ma alla fine sono arrivato al punto che mi autoproduco tre varietà di grano -Carosello, Saragolla e Risciola- e ho scelto personalmente i mulini e gli altri produttori. Fare il coltivatore è davvero difficile perché devi trovare il terreno e l’ambiente giusto e poi combatti con le intemperie, trovare i collaboratori, poi adesso c’ è anche il problema dei cinghiali…”
Dopo la felice esperienza durata qualche anno all’agriturismo “Villa Marchesa”, questa estate del 2022 ha visto Cristian e l’Ammaccata cilentana protagonisti al Castello di Rocca Cilento, antica fortezza trasformata in location per eventi di lusso: qui, sullo splendido rooftop che guarda dalle colline cilentane al mare, tutte le sere l’Ammaccata è stata apprezzata da un grande pubblico proveniente da ogni parte d’Italia.
Per far appezzare ancora di più questo goloso alimento cilentano, Cristian ha pensato anche a farciture inedite per l’ Ammaccata come la “Gialla del Cilento” con pomodoro giallo “Quarantino”, alici di Menaica, capperi, zest di limone, olio evo -che personalmente ho apprezzato tantissimo- e poi la “Crusca di Teggiano” con fiori di Pancetta salumificio Tomeo, polvere di Peperone crusco, chips di Sciuscellone di Teggiano, fiori di basilico.
Cristian, che progetti ci sono per il futuro?
“Ho fatto un investimento: nel Comune di Castelnuovo Cilento ho acquistato tre ettari di terreno su una collina che guarda al mare. Qui, oltre ad autoprodurre olio, vino e vegetali, realizzerò anche la mia pizzeria e spero sia tutto pronto per l’ estate 2023. Intanto, devo portare a termine un altro impegno: nei prossimi mesi conseguirò la laurea in Ingegneria Civile per l’ Ambiente e il Territorio”.
Mi ha fatto molto piacere conoscere Cristian Santomauro; la sua semplicità e la sua concretezza rispecchiano bene quello che l’ autentico stile di vita cilentano di cui l’ Ammaccata è una splendida espressione.
Finchè ci saranno persone impegnate come lui, le tradizioni locali saranno tutelate e valorizzate e saranno anche il punto di partenza per creare occupazione, offrire un’ opportunità ai giovani di rimanere e rendere produttivi i tanti terreni agricoli.
Le immagini professionali di questo articolo sono di Candido Troncone.
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