Sui rilievi dell’ Appennino Modenese un ex edificio scolastico in abbandono è diventato polo di attrazione per gli amanti della pizza e del bere di qualità.
Montalto è un frazione di Montese (Mo), piccolo paese dell’Appennino, proprio sul confine tra Bologna e Modena.
Qui, una scuola in disuso è diventata la sede di una delle più belle e interessanti realtà legate al mondo della pizza: la Vecchia Scuola di Montalto.
E’ stato Luca Gianferrari a trasferirsi definitivamente qui nel 2012, stanco di macinare ogni settimana decine di kilometri per raggiungere il luogo di lavoro a Bologna.
Fare il pizzaiolo era già il suo mestiere da anni ma con una visione più ampia ha immaginato un modo di fare pizza che gli permettesse di vivere nella sua terra di origine, mettendo il territorio e l’economia locale al centro di un progetto di lavoro e di vita.
Sicuramente ci è voluto un po’ di tempo per carburare, ma nel momento in cui la pizza è stata riscoperta come ambasciatrice di territori, Luca aveva già fatto il lavoro grosso e così la Vecchia Scuola negli ultimi anni ha collezionato recensioni entusiaste, citazioni e riconoscimenti.
Le pagine social della pizzeria non sono solo una vetrina di prelibatezze appena sfornate ma una vera cartolina dell’Appennino modenese: cime innevate, valli fiorite e cascate nascoste raccontano le giornate “off” di Luca e la sua famiglia (umana e animale) che anche nel tempo libero sono diventati inconsapevoli narratori di questa parte di Emilia che come altre zone dell’ Italia di montagna rischia l’abbandono, soprattutto da parte dei giovani.
Invece qui si lo stile di vita ricade positivamente anche sul lavoro: per scelta la pizzeria è aperta il giovedi e il venerdì di sera e il sabato e domenica sia a pranzo che a cena.
Durante gli altri giorni ci si dedica ai lievitati e prodotti da forno che la Vecchia Scuola consegna anche in alcuni punti vendita di Modena e Bologna.
Vecchia Scuola di Montalto: un indirizzo da tenere in agenda
Spinta a Montalto dalla curiosità, ho trovato un indirizzo prezioso da segnare in agenda, uno di quei “posticini” da consigliare agli amici.
Il luogo è particolarissimo perché è un edificio a sè stante, distaccato dalla frazione abitata: praticamente una scuola in aperta campagna, circondata dal panorama Appenninico, come non ce ne sono più.
La bella stagione, da marzo a novembre salvo i capricci di Madre Natura, è sicuramente il periodo consigliato per giungere da queste parti: infatti il primo buon motivo per venire a Montese è proprio quello di lasciarsi alle spalle la città e fare un po’ di km per sentirsi in gita fuori porta e rigenerarsi.
La struttura si sviluppa su un solo piano terreno e gli spazi sono ampi: c’ è un ingresso con la postazione di Luca, l’ angolo bar, qualche tavolo e poi c’ è un’ampia sala, che un tempo era un’aula.
Le vecchie pagelle scolastiche rinvenute negli archivi abbandonati sono diventate quadretti decorativi, così come i lavoretti in legno degli alunni degli anni ’70 fanno bella mostra di sé sulle mensole raccontando un tempo lontano .
I tavoli sono ancora quelli ampi e solidi di una volta, in legno, e l’accoglienza del personale, tutti giovani del posto, concorre a far sentire gli ospiti in un luogo familiare.
La pizza della Vecchia Scuola è molto buona e particolare in primis per un interessante lavoro sull’impasto, anzi “gli impasti” perchè Luca è un vero sperimentatore di farine e lievitazioni.
L’ altra caratteristica di questa pizza è che è realizzata attingendo al 80% da materie prime locali che da queste parti sono particolamente genuine: da questa terra di pascoli, infatti, provengono alcune delle migliori espressioni di Parmigiano e ricotta vaccina.
Anche la farina, le carni e i formaggi sono di provenienza locale, selezionati fra nicchie produttrici di qualità come Ca’Lumaco, azienda agricola specializzata nell’allevamento brado di suini di razza “Mora Romagnola” da cui salumi di eccellenza.
Oltre alla pizza ci sono anche proposte di cucina che seguono la stessa filosofia “local” quindi abbiamo deciso di provare anche qualche piatto.
Siamo partiti con una porzione di Porcini fritti da spiluccare che ci ha aiutato a prendere confidenza con una carta delle birre e dei vini così ricca per un ristorante di periferia da lasciarci piacevolmente stupiti.
Ben 26 le proposte alla voce “birra” (5.50-12,50€) che riescono ad accontentare davvero tutti.
Ma è la carta dei vini a metterci seriamente “in difficoltà”: oltre 200 etichette selezionatissime fra bianchi, rossi, rosati, rifermentati, metodo classico, champagne, selezioni dalla Loira, dalla Borgogna e alcune gemme estere da Georgia, Slovenia e Austria.
A quel punto ci siamo convinti di essere in un posto davvvero speciale dove la ricerca è certosina.
Noi abbiamo optato per Wines of Anarchy, un insolito e curioso Montepulciano rifermentato in autoclave, secondo il Metodo Charmat, figlio del progetto ‘La Collina Biologica’ dell’eclettico e vulcanico Francesco Cirelli.
Il pranzo ha preso il volo con le tagliatelle verdi con porcini e sbrisolona alle mandorle (VEG), buonissime, ma non aspettatevi una rezdora modenese in cucina: queste tagliatelle così ben tagliate di color verde brillante sono opera di Jasmin, moglie tedesca di Luca che ha stravolto la classica narrazione delle quasi invisibili sfogline in cucina e con coraggio si è messa alla guida del matterello riuscendo anche a mettere la firma su un classico aggiungendovi delle briciole di sbrisolona che ci stanno davvero bene.
E finalmente arriviamo alla pizza, il motivo per cui siamo giunti fin qui e che ha mantenuto la promessa!
La pizza della Vecchia Scuola di Montalto è pensata in tre modi diversi -al piatto e al padellino e alla pala- per un totale di 25 scelte comprese fra i 6-13€; fra queste ben 10 sono vegetariane.
Con la mia combriccola di amici abbiamo scelto di provare tutti gli stili.
Per la pizza al piatto abbiamo scelto quella che maggiormente caratterizza il pensiero della Vecchia Scuola, la Montesina con mozzarella, caciotta, pancetta di Mora Romagnola, patate di Montese, funghi Cardoncelli: impasto piacevolmente tendente al croccante, sapore deciso e valorizzazione delle tipicità.
Da quest’anno in carta ci sono anche due gusti che guardano a Napoli con la Cosacca (passata di pomodoro bio, aglio orsino, pecorino di Amatrice, origano bio) e la Margherita Sbagliata, omaggio al pizzaiolo Franco Pepe (fiordilatte, riduzione di pomodori S. Marzano, pesto di basilico e mandorle) oltre ai due classici calzoni mutuati direttamente dalla tradizione partenopea.
Abbiamo proseguito la degustazione con una pizza al padellino realizzata con farina di farro monococco integrale e ceci germinati: fra le due in carta la scelta è ricaduta sulla NO2 con pomodorini semidry, parmigiano 24 mesi, mozzarella di bufala DOP, prosciutto crudo: morso
Da quest’anno è entrata in carta anche la pizza alla pala pensata come una focaccia croccante, farcita all’interno, che ha preso il posto della pizza in teglia che Luca proponeva fino all’anno scorso.
Le scelte sono due: Ricotta di vacca Bianca, mortadella Opera, pesto di pistacchio oppure con pomodoro, Nduja di maiale nero, peperone friggitello, pecorino e bufala DOP.
Fra i dolci, tutti a 6€, abbiamo scelto la Torta di pane con mirtilli e panna montata, praticamente buonissima, che ci ha fatto terminare un bellissimo pranzo. Con la promessa di tornare presto.
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